Roberto Fregosi ha un’anima antica. Credo di non sbagliare quando ricordo che ognuno di noi ha un comportamento su questa Terra non così casuale. Certo, è un concetto che ha nulla di razionale, ma mi chiedo, a volte, cosa viva all’interno del nostro inconscio personale che ci fa pensare, produrre, e agire secondo canoni che affondano le proprie radici in un passato “oltre”. La stessa morale collettiva che guida i nostri comportamenti, non ha forse attinenze con un travaglio umano interiore che attinge all’epopea biblica?

La religiosità, quindi, espressa attraverso l’icona di Roberto Fregosi ha un sapore, a mio giudizio, non solo visivo, ma anche d’aurea spirituale.

Egli si muove, appunto, come un antico maestro del Trecento nella sua Novara. Opera in silenzio, in un mondo profano rumoroso. Porta sulla scena terrena la presenza del Sacro, ben cosciente che il suo gesto, che unisce arte e poesia ad artigianato, è un gesto in apparenza d’inevitabile retroguardia, ma vincente nei tempi lunghi.

La sperimentazione visiva di Fregosi, prima di tutto, è rivolta alla “memoria”. Quale? Quella di una perduta spiritualità, in questa nostra epoca, dove ogni scrittura visiva, che circonda il collettivo, è scrittura – come dire? – pagana, dalla pubblicità alla televisione, all’ultimo mostro sacro che è chiamato Internet.

Avvenimento almeno curioso, quindi, che ci sia un pittore contemporaneo, Roberto Fregosi, che in una città della provincia italiana si dedichi, con atteggiamento aristocratico e solitario, alla memoria visuale della “Madonna”, della “Maternità”, soprattutto alla “maniera degli antichi”.

Questo di Roberto Fregosi è un andare controcorrente, non per spirito polemico contro i suoi colleghi contemporanei, ma per portare in luce una sorta di messaggio. Quello della ri-conoscenza. Un modo e un moto suoi creativi che hanno una doppia valenza: “conoscere di nuovo” ed uscire dal notturno interiore.

Si avverte nei lavori di questo poeta di Novara la necessità di esprimersi in chiave essenziale, proprio come i maestri primitivi dell’Alto Medioevo, che arricchivano, appunto, i contorni con elementi preziosi. Un omaggio, appunto, alla Sacralità. Si avverte negli ottenimenti estetici di Roberto Fregosi l’antica cultura occidentale, quella mistica e, nel contempo, estetica dei fondi oro e quella delle icone russe. Ѐ, al contrario, un errore accostare i suoi lavori al gusto Secessionista austriaco di Gustav Klimt.

Roberto Fregosi, infatti, non ha nulla da spartire con l’artista che fa i conti con l’arte moderna. La sua problematica è ben altra. Ѐ quella di ricordare per conservare. Ѐ quella di dipingere per ritornare alla preghiera.  In questi lavori tutti si possono ritrovare. Sono composizioni che recano un messaggio semplice, perché i cuori della Madonna e del Bambino hanno il candore del mattino.

Ciò che, comunque, distingue i lavori di Roberto Fregosi dalle opere del passato è una sorta di inquietudine interiore. Egli, in effetti, non fa il verso al passato. Riparte con tutta umiltà dal messaggio mistico per introdurre un proprio segno che non ha nulla di presuntuoso e pretestuoso. Anzi, Roberto Fregosi preferisce un segno lieve, in apparenza insicuro, rispetto alla trappola del copista.

Egli non copia, ma ridisegna la propria memoria dell’immagine sacra, antica. Ha creato in questi anni una sigla compositiva assai complessa, che lo porta in ogni lavoro a coniugare arte e poesia ad artigianato.

In questo senso egli è pittore contemporaneo con un cuore antico. Ogni lavoro non è mai ripetitivo. Parte da un’idea che si fa segno, crea le sue alchimie da cui vengono alla ribalta soggetti come la Madonna con Bambino o l’Unicorno. Spiega: “i miei colori si ottengono con il fuoco. Ci passo sopra tre volte”.

Ma non solo. Il dipinto, con sapienza, ha un suo lucore, perché vetrificato. Sono mesi e mesi di operosità. Come i maestri antichi, Roberto Fregosi dipinge con la tempera all’uovo. Il suo sistema è quello dell’orafo. Incastona i “diamanti” e li batte uno dopo l’altro con la pazienza – è il caso di scriverlo – del certosino. Il decoro, ovviamente, non termina qui. Egli abbonda con oro ed oro, con un susseguirsi di fili dorati. Viene incontro all’osservatore la scrittura di migliaia di saldature.

Roberto Fregosi ha eseguito opere di grandi dimensioni – persino pannelli con un’estensione di trenta metri – e dipinti da meditazione, da camera. Gli si deve essere grati per il coraggio, la sua pazienza e, soprattutto, per l’amore che egli porta nei confronti del passato antico. La sua operosità, che guarda al Sacro, è strettamente legata all’Amore. Un messaggio che il pubblico dell’artista ritrova in ogni composizione, ove la presenza dell’oro non è altro, in effetti, se non il simbolo della luce.